{"id":83051,"date":"2019-08-17T09:56:37","date_gmt":"2019-08-17T07:56:37","guid":{"rendered":"https:\/\/www.paleopatologia.it\/sulle-tracce-di-matusalemme\/"},"modified":"2020-01-04T11:46:26","modified_gmt":"2020-01-04T10:46:26","slug":"sulle-tracce-di-matusalemme","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.paleopatologia.it\/sulle-tracce-di-matusalemme\/","title":{"rendered":"Sulle tracce di Matusalemme"},"content":{"rendered":"
Sulle tracce di Matusalemme.<\/strong> \u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0 Se giovent\u00f9 sapesse, se vecchiaia potesse.<\/em> 1. La realt\u00e0 virtuale \u00e8 una sorta di mondo parallelo con leggi fisiche sui generis<\/em> con cui \u00e8 possibile interagire senza essere fisicamente presenti. Le fantasie di immortalit\u00e0 degli umani, che presentano entrambe queste caratteristiche, sono forse la pi\u00f9 antica delle realt\u00e0 virtuali. Il desiderio di immortalit\u00e0 ha costituito per millenni l\u2019aspirazione e il conforto di chi mai si \u00e8 rassegnato alla inevitabilit\u00e0 (e alla paura) della morte, intesa come azzeramento di tutte le possibilit\u00e0 future di gratificazione. E\u2019 l\u2019espressione forse pi\u00f9 radicale della propensione degli umani (\u201ci mortali\u201d per eccellenza) a simulare modi d\u2019essere che oltrepassano i confini fisici e biologici assegnati dalla natura alla vita e alle capacit\u00e0 dei membri della nostra (come delle altre) specie di esperire ulteriori soddisfazioni. E\u2019 una condizione spesso immaginata come sopravvivenza delle funzioni psichiche superiori, ma non di rado \u00e8 stata raffigurata anche come dimora di \u201ccorpi senza et\u00e0\u201d, sottratti al deperimento fisico e psichico indotto dallo scorrere del tempo. In quest\u2019 ultima direzione l\u2019aspirazione all\u2019immortalit\u00e0 si \u00e8 concretizzata nella ricerca di prodigiosi rimedi all\u2019invecchiamento, dalla mummificazione dei cadaveri alle \u201cfontane dell\u2019eterna giovinezza\u201d, dai patti col demonio agli \u201celisir di lunga vita\u201d. D\u2019altra parte, proprio il carattere mitologico di queste soluzioni ha relegato il tema in una sorta di futurologia a buon mercato non meritevole di analisi filosofica. 2. Dove trova alimento il nuovo longevismo? E\u2019 stato ricordato che delle 150.000 persone che ogni giorno muoiono nel mondo, 100.000 \u201cmuoiono per un motivo per il quale i giovani non muoiono mai, vale a dire la vecchiaia\u201d (De Grey,61). Ovviamente non possono essere sottovalutati i significativi traguardi sinora raggiunti dalle societ\u00e0 occidentali in fatto di allungamento della durata della vita. L\u2019et\u00e0 media di vita era in passato molto bassa: 20 anni nel Paleolitico, 28 all\u2019epoca di Cristo, 30 intorno al 1820 in Europa e non pi\u00f9 di 48 anni per gli uomini e 46 per le donne ai primi del Novecento negli Stati Uniti. A mantenerla a questi insoddisfacenti livelli erano come noto l\u2019alto tasso di mortalit\u00e0 infantile, le malattie infettive, le morti violente, le carenze nell\u2019igiene pubblica e privata, l\u2019assenza di presidi sanitari efficaci, i bassi livelli di istruzione. Anche se le persone anziane non sono mai mancate in nessuna epoca, il numero di chi giungeva a superare gli 80 anni di et\u00e0 \u00e8 stato invero esiguo fino a tutta la prima met\u00e0 del \u2018900. Grazie invece alla prevenzione delle malattie, alla riduzione dei rischi e alla rimozione delle cause di morte prematura, nella seconda met\u00e0 dell\u2019ultimo secolo l\u2019et\u00e0 media della vita umana \u00e8 passata, sempre negli Stati Uniti, agli attuali 74 anni per gli uomini e a 80 anni per le donne. In Italia, che ha il maggior numero di persone al mondo con 85 anni di et\u00e0 (la \u201cquarta et\u00e0\u201d), gli over 65 costituiscono oggi il 19,8% della popolazione (contro l\u20198,3% del 1951) ed \u00e8 prevedibile che saranno il 34,4% nel 2050. 3. Prescindiamo qui dalle questioni di fattibilit\u00e0 tecnica e dai presupposti epistemologici del programma longevista. Ci\u00f2 che a noi interessa \u00e8 chiedersi se, concesso si possa intervenire in futuro con efficacia e in sicurezza, con questi o altri mezzi, sui processi dell\u2019invecchiamento per estendere in modo anche radicale la durata della vita vi siano o no obiezioni tali da pregiudicare la moralit\u00e0 del (nuovo) longevismo. Perch\u00e9, detto sommariamente, sarebbe sbagliato rallentare (indefinitamente) la vecchiaia e rinviare la morte? In cosa consisterebbe, se c\u2019\u00e8, l\u2019errore di consentire a persone presentemente in vita di restarci il pi\u00f9 a lungo possibile e in buona salute se lo desiderano? Nell\u2019 articolo, che ha una finalit\u00e0 eminentemente critica e propedeutica, concentreremo la nostra attenzione, per ragioni di spazio, solo su quattro obiezioni di principio (anche se altre meriterebbero una pi\u00f9 approfondita disamina), in quanto ci pare svolgano una funzione di tappo che pregiudica il decollo di una discussione pubblica spassionata sul nuovo longevismo.<\/p>\n 3.1 Una prima obiezione fa riferimento a una distinzione invalsa nell\u2019etica medica e in molti dibattiti bioetici contemporanei. E\u2019 la distinzione tra obiettivi terapeutici e obiettivi migliorativi della medicina. Per obbiettivo terapeutico si intende ogni finalit\u00e0 di cura o riabilitazione di organi e funzioni di cui gli esseri umani sono normalmente dotati, ma che in alcuni individui si sono pi\u00f9 o meno gravemente danneggiati; per obbiettivo migliorativo ogni finalit\u00e0 mirante a potenziare organi e capacit\u00e0 regolarmente funzionanti, ovvero a crearne di nuovi, mai prima posseduti e sperimentati. Tale distinzione avrebbe per alcuni interpreti anche un preciso valore morale: servirebbe a demarcare tra ci\u00f2 che in medicina \u00e8 lecito, doveroso e comunque giustificato fare\u00a0 (aderire all\u2019imperativo terapeutico e curare disfunzioni), e ci\u00f2 che \u00e8 futile, sospetto e comunque non giustificato fare (andare oltre la terapia e massimizzare le funzioni). Per le questioni che qui interessano si suole dire che mentre cercare di conservare la (residua) salute delle persone anziane \u00e8 finalit\u00e0 buona e doverosa, ritardare la senescenza potenziando la salute \u00e8 pretendere il meglio al posto del bene, e dunque impegnarsi in qualcosa di moralmente discutibile. 3.2 Una seconda obiezione al longevismo attinge al deposito del senso comune e riguarda la \u2018stranezza\u2019 o bizzarria che sarebbe sottesa ad alcune idee del programma longevista. Una vita vissuta a rimuovere l\u2019invecchiamento, si osserva, \u00e8 una vita vissuta a opporsi ai vincoli della mortalit\u00e0. Questa ossessione anti-mortalista ci sospingerebbe lungo un pendio scivoloso lungo il quale stanno idee \u201cassurde\u201d o controintuitive come quella che la morte, ben lungi dall\u2019essere qualcosa di inevitabile, \u00e8 piuttosto simile a cose come il morbillo o la pertosse, cio\u00e8 malattie scongiurabili con specifici rimedi. Proprio l\u2019idea che la morte sia solo uno dei tanti problemi da risolvere renderebbe assurda e risibile tutta quanta l\u2019impresa longevista. 3.3 Il guaio, si ribatte, \u00e8 per\u00f2 che, giunta al punto di considerare l\u2019invecchiamento e la morte come forme qualsiasi di malattia e di imperfezione (e in quanto tali \u2018gestibili\u2019), l\u2019umanit\u00e0 finirebbe per smarrire il senso del limite. Nella prospettiva di una morte progressivamente addomesticabile l\u2019ultima barriera dell\u2019hybris<\/em> verrebbe travolta e l\u2019umanit\u00e0, fattasi recalcitrante e ostile all\u2019idea stessa di avere dei limiti, sarebbe misura a se stessa e vedrebbe degradata la \u201cdignit\u00e0\u201d della propria \u201cnatura\u201d. Questa obiezione recita che l\u2019accettazione della vecchiaia e della morte come limiti invalicabili sarebbe essenziale a ci\u00f2 che ci fa essere \u201cautenticamente umani\u201d (\u201cE\u2019 la morte che d\u00e0 senso alla vita\u201d, si sente spesso ripetere). Senza l\u2019eventualit\u00e0 della vecchiaia e della morte la vita umana cesserebbe di misurarsi con una realt\u00e0\u00a0 che si sottrae al suo controllo e, sottraendosi, restituisce agli individui il senso autentico della loro identit\u00e0 e della loro presenza nel mondo. La dignit\u00e0 o eccellenza dell\u2019uomo consisterebbe bens\u00ec nel suo continuo e rinnovato tentativo di perfezionarsi, ma entro precise e prefissate cornici di senso: la nascita, l\u2019invecchiamento e la morte come impalcatura naturale indisponibile.<\/p>\n 3.3.1 L\u2019obiezione che stiamo discutendo, che possiamo per brevit\u00e0 indicare come l\u2019 obiezione della \u2018cornice\u2019, pu\u00f2 assumere varie versioni. In una prima versione essa si richiama genericamente alla teoria evoluzionistica. La vita umana \u2013 si osserva – ha fatto la sua comparsa entro una storia evolutiva che ha come suo ineliminabile presupposto il ciclo anch\u2019esso selettivo di infanzia, adolescenza, maturit\u00e0, vecchiaia e morte dei singoli individui. Violare o anche solo alterare questo ciclo \u00e8 come trasgredire le leggi dell\u2019evoluzione, sovvertire il \u201cnormale funzioname<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Le fantasie di immortalit\u00e0 degli umani, che presentano entrambe queste caratteristiche, sono forse la pi\u00f9 antica delle realt\u00e0 virtuali. 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\nImmortalismo, longevismo, bioetica<\/p>\n
\n(Antico adagio popolare)<\/p>\n
\nLa novit\u00e0 contemporanea \u00e8 che l\u2019impegno per l\u2019immortalit\u00e0 sta cessando di essere un esercizio mentale di\u00a0 qualche eccentrico personaggio o di \u00e9lites intellettuali e religiose per diventare una prospettiva sorretta da strategie e strumenti bio-medici concreti e promettenti. Occorre certo intendersi sul significato da dare al concetto di immortalit\u00e0. E\u2019 opportuno al riguardo distinguere almeno due significati del termine, uno forte e l\u2019altro debole. In\u00a0 senso \u2018forte\u2019 \u201cimmortalit\u00e0\u201d \u00e8 condizione stabile di vita perenne caratterizzata dalla conquista e abolizione della morte; nel suo senso debole, invece, \u00e8 un\u2019 idea o linea-guida \u2013 pi\u00f9 sobriamente denominata longevismo –\u00a0 che indica le crescenti, concrete possibilit\u00e0 di ritardare per un tempo illimitato la vecchiaia. Nel primo senso l\u2019obbiettivo dell\u2019immortalit\u00e0 appare ancora velleitario e irrealistico; nel secondo, al contrario, si sta rivelando una speranza realizzabile. C\u2019\u00e8 ragione di credere che grazie all\u2019avvento di nuove conoscenze\u00a0 e di nuovi strumenti biotecnologici si possa non solo estendere l\u2019arco di vita medio (che attualmente in alcuni paesi occidentali, fra cui l\u2019Italia, va da 0 a 80 anni), ma anche accrescerne in modo considerevole il valore massimo (da 80 a 1000 anni e oltre nelle prospettive dei pi\u00f9 visionari). Se le ragioni (e le speranze) del \u2018nuovo\u2019 longevismo si affermeranno anche solo in parte, cambier\u00e0 radicalmente la percezione che gli umani hanno di s\u00e9 e del loro rapporto col mondo, fino a modificare in profondit\u00e0 lo stesso significato di cosa sia essere \u201cumani\u201d. Non \u00e8 azzardato ipotizzare che si aprir\u00e0 tra non molto una discussione se considerare o no i nostri discendenti come rappresentanti di una nuova specie. Essi non sarebbero pi\u00f9 costretti a fare i conti con le deformit\u00e0, le malattie e le disabilit\u00e0 connesse spesso alla senescenza, n\u00e9 dovrebbero indaffararsi a elaborare difese consolatorie contro la fugacit\u00e0 della vita. Il presente articolo \u00e8 un primo, sintetico contributo volto a non farci trovare del tutto impreparati a quella discussione.<\/p>\n
\nNonostante queste (e altre) conquiste che hanno quadruplicato l\u2019aspettativa di vita dei contemporanei rispetto ai loro antenati del Paleolitico, c\u2019\u00e8 da dire che questi traguardi sembrano anche rappresentare le Colonne d\u2019Ercole del longevismo. Nella misura in cui<\/em> si continui a utilizzare solo<\/em> le strategie tradizionalmente impiegate per il prolungamento della vita – quelle ispirate, grosso modo, alla lotta e prevenzione delle malattie – risulta difficile o impossibile estendere oltre significativamente l\u2019arco di vita massimo sin qui raggiunto da alcuni (pochi) umani (120 anni circa). Il ritmo di invecchiamento della popolazione \u00e8 rimasto infatti pi\u00f9 o meno identico al passato, mentre il tetto massimo di longevit\u00e0 non \u00e8 stato affatto modificato. Ancora oggi, cio\u00e8, non sono molti coloro che vivono pi\u00f9 a lungo di quanto siano vissute le persone morte che avevano vissuto pi\u00f9 a lungo dei loro contemporanei. Semmai \u2013 e questo certo non \u00e8 un risultato di poco conto \u2013 sono molte di pi\u00f9<\/em> del passato le persone che vivono pi\u00f9 a lungo; ma ovviamente una cosa \u00e8 impegnarsi ad aiutare ciascuno a raggiungere il tetto massimo dell\u2019arco di vita standard, altra cosa \u00e8 impegnarsi ad accrescere lo standard per un tempo considerevole e senza limiti prefissati.
\nQuest\u2019ultimo e diverso obbiettivo sembra poter essere attinto solo ove si riesca a sostituire o integrare le vecchie e collaudate strategie per il prolungamento della vita con le nuove strategie biomolecolari v\u00f2lte a riparare, sostituire, rigenerare cellule, organi e tessuti. La ragione \u00e8 presto detta. Se il ritmo di invecchiamento \u00e8 rimasto identico rispetto al passato, ci\u00f2 significa che non sono state ancora intaccate le cause che determinano il lento ma inesorabile accumulo dei danni a cui diamo il nome di \u201csenescenza\u201d. \u201cLe cause per cui un individuo muore, col passare del tempo non variano di tipologia ma aumentano di probabilit\u00e0; ci\u00f2 fa pensare che sono le difese a venire sempre meno. Non si muore quindi di vecchiaia, ma perch\u00e9, invecchiando, la capacit\u00e0 dell\u2019organismo di affrontare le malattie diventa sempre pi\u00f9 fiacca\u201d (Boncinelli, Sciarretta, 2005, p.164). Ebbene, quest\u2019ultima capacit\u00e0 risulta in gran parte iscritta nel genoma della specie, e il genoma di homo sapiens<\/em> sapiens<\/em> \u00e8 rimasto tuttora inalterato: da qui l\u2019immutata velocit\u00e0 di invecchiamento degli individui umani attraverso le generazioni nonostante le conquiste raggiunte ad ogni generazione. Le nuove strategie di rallentamento della senescenza, se vorranno essere efficaci, dovranno prevenire i danni genetici che si accumulano con l\u2019et\u00e0. Ci\u00f2 comporta che si dovr\u00e0 prestare molta pi\u00f9 attenzione che in precedenza proprio al materiale cellulare e al funzionamento dei geni.
\nE\u2019 in questa direzione che si muove ad esempio la \u201cStrategia per una senescenza resa trascurabile\u201d (cio\u00e8 nell\u2019assenza di ritmi percepibili) di Aubrey de Grey, il discusso biogerontologo di Harvard, secondo il quale l\u2019invecchiamento consisterebbe nel lento e progressivo accumulo di mutamenti molecolari e cellulari che intervengono come effetti collaterali del normale metabolismo rendendoci, a partire dalla seconda met\u00e0 dell\u2019arco \u2018naturale\u2019 di vita, sempre pi\u00f9 deboli ed esposti alle malattie. Tali mutamenti sarebbero per\u00f2 ciascuno, per il biogerontologo, suscettibili di riparazione. La senescenza non sarebbe pi\u00f9 un dato naturale, governabile solo entro margini ristretti, ma una fase della vita sottoposta ad un controllo senza precedenti nei suoi processi biologici di fondo. \u201cLa mia filosofia \u2013 ha sostenuto al proposito de Grey – non \u00e8 quella di interferire con il metabolismo. Io punto a rimediare alle conseguenze dannose del metabolismo stesso. L\u2019organismo, quindi, dovr\u00e0 essere attentamente riparato e sottoposto a manutenzioni regolari, non riprogrammato. E\u2019 lo stesso approccio che applichiamo alla casa o a un\u2019auto d\u2019epoca. [..] Qui in Inghilterra ci sono molte auto \u2018vintage\u2019 vecchie di un secolo: non erano state progettate per durare tanto, eppure l\u2019amore dei loro proprietari e tutto il lavoro a cui sono sottoposte le mantiene in vita, perfette\u201d (De Grey, Int. 11.3.07). Lo scopo di questo approccio bio-ingegneristico non sarebbe tanto di ottenere un aumento del numero degli anni disponibili entro un ciclo di vita prefissato (poniamo da 80 anni \u2013 limite massimo medio attuale – a 150), bens\u00ec di realizzare un cambiamento profondo di questo stesso ciclo (spingendone il valore massimo finale a 1000 anni e oltre) . Con tesi come queste il nuovo longevismo si presenta come la frontiera forse pi\u00f9 avanzata del nuovo movimento filosofico e intellettuale che prende il nome di \u201ctransumanesimo\u201d. Alla base di quest\u2019ultimo sta l\u2019idea che la natura umana, cos\u00ec come l\u2019abbiamo fino ad ora conosciuta e sperimentata, sia riuscita a esprimere solo una (minima) parte, e neppure la pi\u00f9 significativa, delle sue potenzialit\u00e0. L\u2019allungamento della vita sarebbe il primo, indispensabile passo per accedere a tutta una serie di nuove opportunit\u00e0 con le quali sperimentare inediti modi di essere uomini o, pi\u00f9 semplicemente, diventare individui post-umani.<\/p>\n
\nPrescindiamo in questa sede dall\u2019analizzare il significato di espressioni assai controverse come \u201cnormale dotazione organica\u201d, rinviando il lettore ad altre pubblicazioni. Ci limitiamo a rilevare alcuni limiti a nostro parere cruciali della tesi in discussione, e in particolare la crescente difficolt\u00e0 di demarcare nettamente tra una dimensione propriamente terapeutica e una propriamente migliorativa della medicina.
\nIn primo luogo ci sono difficolt\u00e0 fattuali<\/em> in gioco in questa tesi. La prima \u00e8 che non sembra possibile, gi\u00e0 nelle opinioni dei professionisti della sanit\u00e0, identificare una classe di mezzi che siano, in assoluto o per propria natura, terapeutici. Per alcuni i farmaci sarebbero i veri candidati per la classe dei mezzi terapeutici, ma per altri le stesse condizioni di vita, il contesto ambientale, le misure igieniche, le diete alimentari e l\u2019esercizio fisico possono altrettanto bene soddisfare le condizioni richieste di ci\u00f2 che chiamiamo terapia. Anzi, in determinate circostanze, il<\/em> miglioramento<\/em> del proprio stile di vita si configura anche come la terapia<\/em> pi\u00f9 adeguata. Ci\u00f2 significa che definire qualcosa come mezzo terapeutico (o non terapeutico) non dipende dalla supposta natura del mezzo, ma dalla specificit\u00e0 dei casi, dalle caratteristiche dei pazienti, dalle risorse a disposizione in un dato momento e soprattutto, come diremo tra un momento, dalle idee che si hanno di cura, salute e malattia.
\nUna seconda difficolt\u00e0 fattuale riguarda la circolarit\u00e0<\/em> tra funzioni terapeutiche e migliorative. Una prima evidenza di ci\u00f2 \u00e8 che gi\u00e0 la somministrazione di alcuni farmaci non si limita ad assecondare i processi fisiologici della guarigione, ma rafforza o migliora le capacit\u00e0 del corpo di combattere le infezioni accrescendo numero ed efficacia delle cosiddette difese naturali. Il gruppo di farmaci forse pi\u00f9 rappresentativo di questo intreccio di finalit\u00e0 terapeutiche e migliorative \u00e8 costituito dai vaccini. Con la vaccinazione il trattamento viene effettuato ancor prima che una patologia sia insorta e che qualcuno possa dirsi malato, mentre la terapia assume la forma di un rafforzamento preventivo delle capacit\u00e0 terapeutiche gi\u00e0 insite nell\u2019organismo. Curare, cos\u00ec, \u00e8 indistinguibile dal prevenire e il prevenire \u00e8 inseparabile dal migliorare. Una seconda prova della circolarit\u00e0 delle due funzioni \u00e8 che, riguardo a molti presidi medici e farmacologici, le stesse<\/em> procedure e gli stessi<\/em> strumenti possono servire per soddisfare entrambe<\/em> le finalit\u00e0, terapeutica e migliorativa. Basti pensare da una parte all\u2019uso attuale delle tecniche di fecondazione assistita, presentate sia come terapia per la cura della sterilit\u00e0 che come tecniche atte a potenziare le capacit\u00e0 riproduttive umane; dall\u2019altra parte a farmaci come il Prozac<\/em> o il Ritalin<\/em> che possono servire indistintamente sia a curare depressioni e contenere eccessi d\u2019ansia, sia a potenziare capacit\u00e0 normalmente funzionanti come attenzione, apprendimento e concentrazione.
\nA questo tipo di osservazioni si potrebbe replicare che le questioni (di fatto) della identificazione dei mezzi terapeutici e della (tendenziale) equivalenza tra questi ultimi e quelli migliorativi non pregiudica la questione (di diritto) della destinazione d\u2019uso (i fini) di tali mezzi. In altre parole si potrebbe accogliere l\u2019idea di una fondamentale sovrapponibilit\u00e0 tra mezzi di un tipo e dell\u2019altro e nello stesso tempo scegliere di impiegarli solo per certi scopi (ristabilire la salute) e non per altri (potenziare le capacit\u00e0 e accrescere le prestazioni). Il limite di questa replica \u00e8 che sottende esista un significato univoco, oggettivo e assoluto di cosa sia salute, cura e malattia, e che \u2013 identificato questo significato \u2013 sia poi possibile dedurre da esso un consenso unanime intorno a valori condivisi circa la destinazione d\u2019uso dei mezzi tecnicamente disponibili. Entrambe queste idee sollevano per\u00f2 varie perplessit\u00e0.
\nAl proposito \u00e8 opportuno richiamare la celebre (ri)definizione di \u201csalute\u201d che l\u2019Organizzazione mondiale della sanit\u00e0<\/em> (OMS) aveva proposto nel lontano 1948 suggerendo che per salute non si dovesse intendere la mera assenza di malattia, ma uno \u201cstato di completo benessere fisico, mentale e sociale\u201d. Con questa definizione l\u2019OMS introduceva due importanti novit\u00e0. In primo luogo metteva in evidenza che anche volendo conservare un concetto di medicina come cura e ripristino di funzioni danneggiate, una cosa \u00e8 far dipendere i concetti di salute, cura e malattia da standard misurabili e oggettivi, altra cosa \u00e8 collegare questi concetti all\u2019idea che i soggetti coinvolti hanno di s\u00e9 e dei loro interessi. Mentre nel caso di (presunti) standard oggettivi sono gli \u201cesperti\u201d a stabilire cosa sia salute e cura e cosa significhi ripristinare la \u201cnorma\u201d, nel secondo caso sono invece i desideri e le percezioni dei pazienti a definire cosa \u00e8 benessere e malessere. In secondo luogo la nuova definizione lanciava una sfida ancora pi\u00f9 radicale alla medicina del tempo perch\u00e9 preconizzava (e legittimava) la possibilit\u00e0 che gli interessi e le preferenze dei pazienti, divenuti ora prioritari, avrebbero potuto anche entrare in conflitto con la stessa concezione della medicina come mera attivit\u00e0 di conservazione o ripristino della funzionalit\u00e0 organica. Il caso della \u201cdisforia di genere\u201d – il sentimento cio\u00e8 di una incongruenza tra il genere sessuale di appartenenza e l\u2019immagine di s\u00e9 dei soggetti interessati – \u00e8 uno di quei casi che dimostrano la plausibilit\u00e0 di quanto appena detto. Per quanto possa sembrare paradossale, esso testimonia la desiderabilit\u00e0 di stati ritenuti comunemente estranei (o incompatibili) coi \u201cnormali\u201d paradigmi di salute e la indesiderabilit\u00e0 di condizioni ritenute convenzionalmente nella norma.
\nFacendo proprio il nuovo e pi\u00f9 esteso concetto di salute dell\u2019OMS la medicina contemporanea ha gi\u00e0 visto di fatto dilatare i suoi compiti e le sue finalit\u00e0. Oltre a una medicina pi\u00f9 propriamente curativa, o riparatrice, si \u00e8 venuta consolidando una medicina migliorativa o rigeneratrice, spesso liquidata dai suoi detrattori con la formula sprezzante di \u2018medicina del desiderio\u2019. A questo nuovo genere appartengono la medicina dello sport, la chirurgia estetica, la neonata nutraceutica (che studia e predispone alimenti in grado di apportare benefici alla salute ben oltre la mera funzione nutrizionale dei cibi), ma anche pratiche come l\u2019aiuto al parto, la raccolta di oociti e di liquido seminale, la ricerca sulle cellule staminali a scopi non terapeutici. Tutte queste pratiche e discipline sono sorte con lo scopo di intervenire sui processi fisiologici della vita umana non (solo) per ripristinare o surrogare organi e funzioni danneggiate, ma per incrementare prestazioni e capacit\u00e0 normalmente possedute, sane e funzionanti. E\u2019 ragionevole supporre che le nuove strategie anti-aging<\/em> rientrino a pieno titolo in queste nuove e pi\u00f9 estese funzioni della medicina. Pu\u00f2 essere che solo potenziando la salute e rallentando indefinitamente la senescenza si possa prevenire o eliminare l\u2019insorgere di patologie sinora ritenute \u2018naturali\u2019 e ineluttabili, come \u2013 per fare solo due esempi –\u00a0 la perdita di densit\u00e0 della massa ossea nelle donne in epoca postmenopausale o l\u2019ipertrofia prostatica negli uomini che abbiano superato i 60 anni. Non \u00e8 affatto chiaro perch\u00e9 queste soluzioni attuate a scopo migliorativo o di potenziamento e prima dell\u2019insorgere di patologie dovrebbero essere considerate opzioni moralmente illecite rispetto a farmaci e sostanze somministrati a scopo curativo e dopo che le patologie si siano manifestate. A pensarci bene, l\u2019onere della prova dovrebbe ricadere non su chi propone il nuovo tipo di interventi, ma su chi ritiene che si debba assolutamente scongiurare come intrinsecamente negativa l\u2019eventualit\u00e0 di andare \u201coltre la terapia\u201d.
\nI tentativi di salvaguardare la distinzione tra dimensione terapeutica e migliorativa e, sulla sua base, discernere tra lecito e illecito, mostrano infine i loro limiti anche da un altro punto di vista. Chi opta per la liceit\u00e0 degli interventi terapeutici e l\u2019illiceit\u00e0 dei miglioramenti tende a ridurre la questione del longevismo a una dimensione strettamente medica e di pertinenza decisionale dei medici. Per questi interpreti le questioni bioetiche della modificazione dei corpi sono riducibili a questioni di tecnica medica e le scelte in merito dovrebbero rimanere appannaggio dei professionisti del sistema sanitario. Si trascura cos\u00ec di considerare, tuttavia, che le ragioni del longevismo, come aspirazione umana a oltrepassare i limiti della condizione biologica data, vanno ben oltre le ragioni meramente mediche che gli individui hanno per agire. Corpi modificati per prevenire o annullare i colpi dell\u2019invecchiamento, capacit\u00e0 cognitive potenziate, una memoria pi\u00f9 acuta, percezioni sensoriali accresciute, prestazioni fisiche superiori, ecc. ecc.: queste aspirazioni hanno poco o solo indirettamente a che fare con la medicina e riguardano piuttosto (comunque poi li si valutino) gli ideali complessivi di umano miglioramento e perfezionamento. Per un aspetto importante questi ideali sono legati \u2013 come diremo meglio in conclusione \u2013 al diritto (morale) degli individui alla libera costruzione della propria personalit\u00e0 o, come altri affermano, alla \u201clibert\u00e0 morfologica\u201d, intesa come possibilit\u00e0 di accesso alle risorse che consentono di plasmare la propria vita, nella sua dimensione fisica e mentale, in base ai propri piani fintanto che ci\u00f2 non rechi danno ad altri. Se questo \u00e8 vero \u00e8 riduttivo pensare che le cose che uomini e donne sarebbero disposti a fare su di s\u00e9 e sui propri corpi per rallentare la senescenza siano fatte esclusivamente per \u201ccurarsi\u201d. Le nuove tecnologie biomolecolari anti-aging<\/em> vengono incontro al ricorrente tentativo di abbandonare i panni della condizione umana quale fino a qui noi abbiamo conosciuto. Esse possono aiutare gli individui a fare s\u00ec che i sogni utopici di \u201ccorpi senza et\u00e0\u201d diventino, almeno in parte, realt\u00e0 e a sperimentare cos\u00ec nuove e pi\u00f9 appaganti modalit\u00e0 di esistenza. Sarebbe pertanto fuorviante pretendere di inquadrare e esaurire il dibattito sul longevismo entro l\u2019alternativa tra medicina \u201cterapeutica\u201d e \u201cnon terapeutica\u201d, quasi che l\u2019esercizio della libert\u00e0 morfologica sia autorizzato solo in presenza e per la cura delle malattie, e non anche in base all\u2019esigenza di ciascuno di esprimersi e progredire nella sua vita secondo i suoi personali piani e valori.<\/p>\n
\nRiguardo a questa obiezione occorre dire che l\u2019immortalit\u00e0 come rallentamento considerevole della vecchiaia non dovrebbe apparirci un\u2019idea pi\u00f9 strana e controintuitiva di quanto doveva apparire l\u2019ipotesi (oggi verificata) di prolungare a 80-90 anni la vita media delle persone a chi vi rifletteva mentre si trovava a vivere in un\u2019epoca (neppure troppo remota) in cui solo una persona su cinque sopravviveva alla nascita e dieci su dodici morivano entro i primi dieci anni di vita. Oggi noi giudichiamo con un misto di meraviglia e di commiserazione le opinioni di chi in passato considerava una risibile leggenda voler superare il limite medio dell\u2019arco di vita sin l\u00ec raggiunto. E\u2019 ragionevole pensare che in un prossimo futuro l\u2019attuale impressione di stranezza nei riguardi delle nuove tesi longeviste possa apparire solo come un auto-inganno, la razionalizzazione di una condizione amara e intollerabile quale \u00e8 quella di dover concludere prematuramente, e in condizioni spesso degradanti, l\u2019avventura dell\u2019esistenza. L\u2019obiezione di stranezza o bizzarria avrebbe una sua validit\u00e0 nel caso fossimo oggi completamente privi degli strumenti per intervenire sui meccanismi biologici della senescenza e rallentare sensibilmente il processo del morire. In questo caso sarebbe giustificata la tesi di certi critici del neo-longevismo secondo cui ci dovremmo accontentare dei traguardi gi\u00e0 raggiunti avendo ottenuto tutto quello che in date circostanze \u00e8 possibile ottenere. Nella misura invece in cui di questi strumenti si comincia a disporre, a risultare strano e incomprensibile (e forse anche moralmente inaccettabile) \u00e8 il rifiuto o l\u2019indugio nell\u2019utilizzarli con l\u2019idea che ci\u00f2 che abbiamo ottenuto sia gi\u00e0 \u201cabbastanza\u201d. Non utilizzarli potrebbe equivalere a un ingiustificato attaccamento allo status quo<\/em>, e l\u2019insistenza sul carattere naturale e inaggirabile della morte sarebbe assimilabile, in presenza di alternative praticabili, a un imperdonabile invito a rassegnarsi. Il \u2018tirare a campare\u2019 priverebbe di ampi benefici le persone attuali che grazie alle applicazioni delle nuove strategie biomolecolari potrebbero non vedersi pi\u00f9 costrette ad abbandonare il teatro della vita proprio quando comincia a essere raggiunta \u2013 dal punto di vista delle competenze affettive, cognitive e relazionali di ciascuno \u2013 una adeguata esperienza delle cose del mondo. C\u2019\u00e8 dunque da osservare, concludendo su questo punto, che nel caso di un allungamento considerevole, in un prossimo futuro, degli anni di vita da vivere in piena salute e attivit\u00e0, il \u2018pendio scivoloso\u2019 che si teme porti l\u2019umanit\u00e0 a familiarizzarsi pericolosamente con l\u2019idea di immortalit\u00e0 potrebbe rivelarsi, piuttosto che un amaro calice da bere, un tragitto da percorrere con entusiasmo e il pi\u00f9 rapidamente possibile una volta garantitone fattibilit\u00e0 e sicurezza.<\/p>\n