G. FORNACIARI – R. CIRANNI – C.A. BUSONI – S. GAMBA – E. BENEDETTI – F. MALLEGNI (Università di Pisa) – S. NELLI (Archivio di Stato di Lucca) – F. ROLLO (Università di Camerino)
Note biografiche
Santa Zita nasce a Monsagrati (Lucca), nel 1218. Da 12 anni fino alla morte lavora come domestica presso la famiglia Fatinelli di Lucca, dedicandosi intensamente alla carità verso i poveri. Negli ultimi anni di vita è tenuta in alta considerazione dai suoi padroni, che le permettono una vita agiata e tranquilla. Muore il 27 aprile 1278 dopo una leggera malattia febbrile della durata di pochi giorni. Viene canonizzata nel 1695, dopo oltre quattro secoli (Atti del Processo di Canonizzazione 1695).
Il suo corpo mummificato è attualmente esposto nella Cappella Fatinelli della Basilica di San Frediano in Lucca.
Esame esterno della mummia
Mummia naturale, in buono stato di conservazione, di soggetto adulto di sesso femminile (genitali esterni evidenti), deposto in posizione supina, con capo sull’occipite, arti superiori semi-flessi con polsi incrociati sull’addome ed arti inferiori estesi.
Lunghezza del cadavere, misurata, di m 1,43; testa e mani di colore bruno scuro, verosimilmente per azione dell’aria e della luce; corpo di colore cuoio; capelli assenti ma presenza di peli rossicci alle ascelle e alla regione pubica; appiattimento delle regioni nucale, glutea e posteriori degli arti inferiori, per precoce deposizione post mortem su un piano orizzontale rigido; presenza di solchi circolari ai polsi, alla vita e alle caviglie per evidenti allacciature. Danneggiamenti post-mortali alle regioni declivi e alla parete toracica anteriore, per fenomeni putrefattivi naturali; al padiglione auricolare destro, alla regione tibio-malleolare mediale destra e al quinto dito del piede destro (con perdita delle falangi distali), per sezione intenzionale (prelievo di reliquie); diffusa presenza di fori di tarme.
Antropologia
Sono stati rilevati i caratteri metrici principali del cranio e degli arti secondo il metodo di Martin e Saller (1956) tenendo presente che si tratta di una mummia e non di resti scheletrizzati.
La mummia appartiene ad un individuo di sesso femminile, di età antropologica di circa 60 anni, di scheletro complessivamente gracile e di altezza di circa cm 159,7 intra vitam (Trotter e Gleser, 1958). Nonostante che l’edentulia (perdita quasi totale dei denti) non abbia consentito una precisa misura della lunghezza facciale e la presenza di tessuti molli abbia impedito di valutare, oltre che l’altezza craniale, anche la struttura corporea (brevilinea o longilinea), l’individuo può essere definito di tipo brachicranico alpinoide. Il valore staturale ottenuto è, però, leggermente elevato rispetto a questa tipologia e più confacente a quella adriatica. Considerando che la regione in cui la Santa è nata, di fatto cerniera naturale tra l’area tirrenica e quella adriatico-padana in cui il tipo adriatico trova la sua massima espressione, non è da escludersi, in età storica, una infiltrazione del tipo adriatico nella Toscana nord-occidentale.
Esame radiologico
Individuo di sesso femminile, a corporatura medio-bassa, di età ossea-radiologica intorno ai 60 anni.
Cranio: nonostante l’età del soggetto non si notano segni di endocraniosi; la calotta cranica è di normale spessore e normalmente densa nella regione parietale alta (fig. 2). Deviazione a sinistra del setto nasale, con ipertrofia del turbinato di destra.
Dentatura: edentula soprattutto nella parte superiore. Rispetto alla superficie del processo alveolare della mandibola si riscontra la presenza di due molari (VII) rimasti in sede; si osserva un quadro avanzato di malattia parodontale, con denudamento delle radici dei VII superstiti; le cuspidi si presentano abbastanza erose. La mandibola assottigliata indica una caduta precoce dei denti intra-vitam. Nella porzione vestibolare sinistra è presente una moneta dai margini erosi del diametro di circa 1,5 cm.
Colonna cervicale: presenza di artrosi su tutta la colonna cervicale, accentuata su C3 e C4. La lordosi è normale e ben conservata. La colonna è leggermente deviata a sinistra. Non ci sono segni di appiattimento della base cranica o di cifosi basilare.
Torace: esito di frattura nel terzo medio della clavicola, avvenuta sicuramente in età infantile; infatti non si osservano né callo osseo né spostamento, ad esclusione di un leggero incurvamento che determina una deformazione a manubrio. Si tratta, verosimilmente, di una frattura a legno verde da parto. La cifosi dorsale è bassa e si inverte bruscamente a livello lombare. Si notano la scomparsa dei dischi e la presenza di ernie di Scheuermann, oltre che un impegno artrosico modesto.
Colonna lombare: si evidenzia un quadro di spondilo-artrosi, con osteofiti ben evidenti in L4; le vertebre non mantengono più la loro struttura normale ad appaiono schiacciate. L’artrosi è, comunque, di lieve entità, segno che il soggetto non si sottoponeva a grossi carichi. La colonna era soprattutto sollecitata a correggere la diversa lunghezza degli arti inferiori.
Bacino: si osserva displasia congenita inveterata dell’anca destra, con sublussazione del femore e conseguente accorciamento dell’arto relativo, che è risalito di circa 2-3 cm. Questo accorciamento dell’arto comportava sicuramente zoppia ed un’andatura anserina; è da escludere comunque una limitazione funzionale importante, poiché non si osserva ipoplasia spiccata dell’emibacino corrispondente. E’ probabile, però, che la Santa, negli ultimi decenni di vita (dopo i 40 anni) abbia sofferto molto a causa di questa artrosi di anca, che può averla immobilizzata per brevi periodi di tempo, in quanto il dolore rendeva impossibile il carico. La coxartrosi comunque non progredì molto, essendo soggetto magro, longilineo e quindi non sottoposto a grossi carichi.
Arti superiori: l’esame radiografico del radio, dell’ulna e della mano è normale; anche le dita non hanno grosse deviazioni o deformazioni. Si osserva solo una lieve poliartrosi dovuta all’età.
Arti inferiori: le ginocchia presentano un quadro di gonartrosi, soprattutto a livello del ginocchio sinistro, sottoposto ad un carico maggiore per l’accorciamento dell’arto di destra. L’arto di sinistra mostra un processo di deformazione e sclerosi del piatto tibiale interno.
I piedi sono normali, non presentano grossi segni di artrosi e non ci sono speroni calcarei; si può osservare una modestissima artrosi a livello del primo metacarpo. Sul piede sinistro si nota una formazione pseudocistica al livello del profilo superiore dello scafoide e potrebbe essere interpretata come esito di un trauma ripetuto come, per esempio, lo sfregamento di zoccoli dal bordo duro sulla caviglia. Infatti è presente solo sul piede sinistro che è quello che usava di più caricando il peso a vantaggio del piede destro.
Indicatori di stress
Strie di Harris: a livello tibiale si osservano diverse strie di Harris molto marcate. Le strie di Harris rappresentano episodi di arresto di crescita causati da malattie o da episodi maltnutrizionali (Kuhl, 1980; Fornaciari e Mallegni., 1981) e le loro dimensioni sono direttamente proporzionali all’evento che le origina. Una malattia lieve o un episodio malnutrizionale poco importante producono una stria sottile, viceversa, patologie gravi o lunghi periodi di inadeguata nutrizione producono strie più marcate. Nel caso qui presentato le strie visibili sono state datate (Maat, 1987) e giustificate come riportato in tabella 1, sulla base della straordinaria coincidenza con un periodo di carestia, riportato nei documenti coevi, e della diagnosi istologica di tubercolosi.
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Età Osservazione Anno di Interpretazione Durata Causa
(anni) radiografica insorgenza probabile
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7 Strie di Harris 1225 Malnutrizione 6 mesi Carestia*
9 Strie di Harris 1227 Malnutrizione 1 anno Carestia*
10-11 Strie di Harris 1228-29 Malattia 2 anni Tubercolosi?
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Tab. 1: Episodi di arresto di crescita a livello diafisario.
* Annali di Simone della Rosa in “ Cronichette antiche di varj scrittori”, FI, 1733,
pp.132 : “ MCCXXVI…valse la staia del grano soldi XV e fu tenuto gran caro…”
Ipoplasia dello smalto: è dovuta ad alterazioni nel processo di formazione dello smalto in età infantile ed ha lo stesso significato delle strie di Harris (Steinbock, 1976). Si manifesta con linee trasversali, solchi o fossette (El-Najjar et al., 1978; Brothwell, 1981) facilmente rilevabili macroscopicamente soprattutto sulla superficie vestibolare dei denti anteriori. Non sempre la loro presenza coincide con le strie di Harris, a causa del rimaneggiamento osseo dell’età adulta, ma è un indice di stress, che essendo di tipo conservativo, può dare informazioni più sicure. Nel caso di Santa Zita, purtroppo, questo tipo di indagine è risultata essere fortemente limitata a causa della presenza di due soli denti molari e quindi non anteriori. I massimi dati che è stato possibile ottenere dal loro studio sono riportati in tabella 2.
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Età Osservazione Anno di Durata Interpretazione
(anni) macroscopica insorgenza probabile
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3 Ipoplasia smalto 1221 6 mesi Divezzamento
4 Ipoplasia smalto 1222 6 mesi Divezzamento
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Tab. 2: Episodi di alterazione nel processo di amelogenesi riscontrati
sui molari di S.Zita
Endoscopia
Cavità buccale: sulla parete destra dell’arcata mandibolare si evidenzia un molare ancora in situ e un secondo dente, non in situ, in posizione mediale rispetto alla rima dentale; il faringe libero consente di visualizzare le coane, che si presentano normali; ipofaringe con materiale amorfo.
Cavità toracica: per adito preesistente sono visualizzati il mediastino, con l’aorta; una soluzione di continuo permette di entrare nel lume aortico dove viene evidenziata una minuscola placca biancastra, dovuta verosimilmente a calcificazione; i polmoni appaiono collassati sulla parete posteriore e il polmone di destra, nella sua parte apicale, presenta aspetto non trabecolato, ma omogeneo e di consistenza aumentata. E’ possibile ascrivere tale aspetto a materiale di restauro colato dalla fossa sopraclavicolare destra; non si notano aderenze pleuriche, anche se sono presenti retrazioni fibrose. Il pericardio, ben visualizzato anche riguardo alla relativa vascolarizzazione, appare integro ed aderente alla parete posteriore e al diaframma, che presenta una lacuna nell’estrema porzione sinistra.
Cavità addominale: si visualizza tramite accesso preesistente nella regione lombare destra; viene individuato il fegato, coperto dalla glissoniana, integro, adeso alla parete posteriore; la visualizzazione è limitata a pochi centimetri quadrati a causa del collabimento delle pareti addominali. Un’ampia breccia situata a livello perianale ci consente di visualizzare un piccolo tratto di lume intestinale che non presenta anomalie. Vengono prelevati vari campioni.
Istologia
Gli esami sono stati effettuati su minuti frammenti di tessuti prelevati dal polmone, dalla pleura e dal fegato nel corso della endoscopia. Le diagnosi istologiche più importanti sono due. Una riguarda un’infezione tubercolare pregressa rilevata sui tessuti provenienti dall’apice polmonare destro, probabilmente avvenuta in età giovanile e perfettamente guarita. La seconda diagnosi, che ci riporta a quelle che erano le abitudini di vita della Santa ed al suo status di domestica, è quella di antracosi (presenza di particelle di carbone) dei polmoni. La malattia è sicuramente legata alla abitudine di vivere in cucina, in costante contatto con i fumi prodotti dal fuoco nel camino.
Spettroscopia IR
Il tessuto polmonare, già esaminato istologicamente, è stato sottoposto a microspettroscopia infrarossa (Fourier Transform-Infrared Microspectroscopy) per ottenere indicazioni a livello molecolare.
Gli spettri ottenuti dal tessuto mummificato sono stati confrontati con quelli prodotti da tessuto polmonare di provenienza autoptica, allo scopo di valutarne il grado di conservazione. I due spettri sono risultati pressoché sovrapponibili, soprattutto per quanto riguarda le amidi I, II e III delle componenti proteiche, con bande di assorbimento da 1300 cm -1 a 950 cm-1 e dovute alla presenza di acidi nucleici.
Alcune microaree di tessuto antico, presentanti gradi diversi di decomposizione, hanno prodotto invece uno spettro completamente differente da quello del tessuto polmonare. Il confronto dello spettro di queste microaree con quello ottenuto dalla matrice organica del carbone ha confermato la diagnosi istologica, cioè la presenza di una massiva antracosi.
Biologia molecolare
Un campione di muscolo tibiale sinistro, prelevato sterilmente dagli strati più interni e quindi indenni da inquinamento da DNA moderno, è stato sottoposto ad estrazione fenolica del DNA mitocondriale (mtDNA).
Il DNA grezzo, purificato mediante adsorbimento su idrossiapatite allo scopo di eliminare le sostanze inibenti la DNA polimerasi e quindi l’amplificazione enzimatica, ha mostrato, dopo frazionamento su gel di agarosio, l’elevato stato di depolimerizzazione tipico del DNA antico.
La determinazione, mediante PCR quantitativa col metodo del competitore (Förster, 1994), del numero di copie di DNA mitocondriale residuo tuttora in corso, ha rilevato la presenza di circa 1000 molecole per µl..
Paleonutrizione
La ricerca degli elementi guida della nutrizione mediante spettroscopia ad assorbimento atomico è stata condotta secondo le modalità riportate in alcuni lavori sull’argomento. Gli elementi guida saggiati sono sei: calcio, stronzio, zinco, ferro e piombo.
Il calcio fa parte integrante della matrice ossea; lo stronzio e lo zinco sono da tempo usati come elementi guida della nutrizione e il ferro è l’elemento di base nel processo di eritropoiesi. In particolare, la quantità di stronzio e di zinco contenuta nelle ossa (con le debite standardizzazioni), è un indice dell’importanza che hanno avuto in una dieta i prodotti di origine vegetale come cereali, legumi, verdure in genere e quelli ricchi di sostanze proteiche quali carne, pesce, latticini e noci (Bisel, 1980; Lambert et al., 1985; Fornaciari e Mallegni, 1987). Un elevato contenuto in piombo delle ossa può essere invece indicativo di certe abitudini alimentari o del grado di contaminazione di ambienti particolari (Fornaciari et al., 1982; Fornaciari et al., 1984).Gli studi sono stati effettuati su due tipi di osso, spugnoso (coste) e compatto (tibie).
1 risultati dell’indagine paleonutrízionale sono riportati nella tabella 2.
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Osso Spugnoso Osso Compatto Interpretazione
(costa) (tibia)
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Ca (mg/g) 316 316 Concentrazione ossea
elevata
Sr 65 70
Sr/Ca 0.206 0.22 Modestissimo apporto
Sr/Ca corr. 0.126 0.135 di cibo vegetale
Zn 850 ** 195
Zn/Ca 2.690 ** 0.617 Notevole apporto di cibo di
origine animale
Fe 1003 ** 158 ** Eritropoiesi attiva
Fe/Ca 3.174 ** 0.500
Pb 527 70 Intossicazione da piombo
Pb/Ca 1.668 0.221
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TAB.2: Determinazione quantitativa in parti per milione (ppm) degli elementi
nutrizionali effettuata mediante spettroscopia ad assorbimento atomico e suo significato.
Come è possibile vedere, la concentrazione media di calcio nell’osso compatto è abbastanza elevata, addirittura superiore a quella delle popolazioni moderne (M= 220,4 mg/g) (Janes et al., 1975) e più in armonia con quella delle popolazioni antiche (Fornaciari et al., 1984).
La concentrazione ossea di stronzio risulta molto bassa ed è quindi indice di una dieta praticamente priva di cereali, di legumi e di verdure. D’altra parte gli altissimi valori dello zinco confermano questo regime alimentare: il consumo di carne (soprattutto carni rosse), di formaggi e di pesce doveva essere assai elevato se non esclusivo. I dati paleonutrizionali ottenuti coincidono con quelli presenti in individui di elevata estrazione sociale, come i re, principi e dignitari della corte aragonese deposti in San Domenico Maggiore a Napoli (XV-XVI sec.) oppure gli inumati della Cappella Mantegna a Mantova (XV-XVI sec.) (Fornaciari et al., 1989).
Per quanto riguarda il piombo nell’osso compatto il valore riscontrato è piuttosto elevato, se si confronta con quello di individui attuali, in cui si va da un minimo di 23,6 ppm (Gross et al., 1975) ad un massimo di 69 ppm (Nusbaum et al., 1965), ma inferiore ai valori presenti in molte popolazioni antiche.
Le spiegazioni date dagli Autori per giustificare la contaminazione da piombo sono varie. Per le concentrazioni urbane tardo-romano (Poundbury, Villa dei Gordiani) si chiamano in causa le tubature di piombo usate dai Romani per la distribuzione dell’acqua potabile che ne risultava contaminata. Per altre comunità come, per esempio, quella dei nobili inumati nella Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli si indicano come fonte inquinante sia le stoviglie da tavola in peltro (lega di piombo e stagno) usate comunemente fin dall’antichità dalle persone di un certo livello sociale sia il vasellame in terracotta impermeabilizzata con vernice piombifera. In tutti questi casi non è escluso, tuttavia, anche un apporto dovuto all’ingestione di vino trattato col così detto «zucchero di piombo» (acetato di piombo), che ha la proprietà di arrestarne la fermentazione e l’inacidimento (Gilfillan, 1965).
Nel caso di S. Zita l’ipotesi che appare più plausibile è quella dell’uso di additivi e conservanti del vino a base di piombo o dell’esteso uso da parte della Santa di vasellame in argento poco depurato, o in peltro.
Come fenomeno generale si rileva inoltre che le concentrazioni del ferro, dello zinco e del piombo risultano molto più elevate nell’osso spugnoso che nell’osso compatto. Dato che le emazie sono particolarmente ricche in zinco, oltre che in ferro, (Wintrobe, 1967), i risultati relativi anche a questo metallo devono evidentemente essere messi in relazione con l’attività emopoietica dell’osso spugnoso. Si tratta di un fenomeno già rilevato nella necropoli alto-medievale di Cornus in Sardegna (Fornaciari et al. 1985) e nella serie rinascimentale di S. Domenico Maggiore a Napoli ed anche in singoli individui di età medievale, come Gregorio VII (+1085) o il duca Guglielmo di Altavilla (+1127) (Fornaciari, 1985).
La spiegazione data per lo zinco potrebbe essere valida anche per il piombo; infatti solo il 4% del piombo si ritrova nel plasma, mentre il resto si lega alla membrana cellulare delle emazie o adei complessi proteici intra-eritrocitari (Grandjean, 1975) e perciò si concentra nel tessuto emopoietico contenuto nell’osso spugnoso. Inoltre il turnover dell’osso spugnoso si aggira intorno ai 6-7 mesi, mentre quello dell’osso compatto varia da 5 a 8 anni (Sillen e Kavanagh, 1982); perciò l’elevato tasso di piombo nell’osso spugnoso potrebbe essere dovuto, almeno in parte, all’uso, nell’ultimo periodo della vita, di medicamenti a base di piombo (per esempio il litargirio, la cadmia, la spuma d’argento, il piombo usto, il minio, l’antimonio con impurità a base di piombo ecc.) largamente usati nel Medioevo (Pazzini, 1973) sia per applicazioni esterne (pomate) che per via orale (Grandjean, 1975).
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