Francesca Ciocca*, Luca Ventura*, Gaetano Miranda**,
Gino Fornaciari***
* U. O. di Anatomia Patologica, Ospedale San Salvatore, L’Aquila.
** Dipartimento di Scienze Ambientali, Università di L’Aquila.
*** Divisione di Paleopatologia, Dipartimento di Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina, Università di Pisa.
Introduzione
Lo studio paleopatologico delle mummie medioevali e post-medioevali italiane riveste un altissimo interesse scientifico, per vastità della casistica, datazione dei personaggi e stato di conservazione dei corpi. In tale contesto, un posto di sicuro rilievo è occupato dalla nostra regione ed in particolare dal suo territorio interno, che custodisce un autentico patrimonio biologico-culturale, dovuto alla presenza di numerose sepolture delle epoche più disparate, molte delle quali comprendenti mummie naturali in buone condizioni di conservazione.
La serie di mummie naturali di Goriano Valli, sebbene numericamente limitata, è costituita da individui in ottime condizioni di conservazione. Scopo del presente studio è presentare i risultati ottenuti nel corso delle indagini, illustrando le condizioni morbose clinicamente rilevanti od occasionali che hanno colpito questo campione di popolazione. Le informazioni finora raccolte consentono di ricostruire con buona approssimazione lo scenario nosografico che circa due secoli fa caratterizzava le popolazioni del territorio montano abruzzese.
Materiale e metodi
Oggetto del presente studio sono le mummie naturali provenienti dal Convento di San Giorgio degli Osservanti in Goriano Valli (L’Aquila) ed appartenute a cinque individui vissuti nella seconda metà del XIX secolo.
I corpi mummificati sono stati sottoposti a studio radiologico mediante apparecchiatura TC spirale Tomoscan AVE1 (Philips Medical Systems) effettuando scansioni ogni 3 mm e successive ricostruzioni ogni 1 mm, dal vertice del cranio alle diafisi tibiali. Dalla valutazione delle immagini tomografiche sono emerse importanti osservazioni circa lo stato di conservazione degli individui e degli organi in essi contenuti. L’esame delle scansioni TC ha consentito di evidenziare alcuni quadri patologici ed orientare i successivi esami autoptici.
I cinque individui mummificati sono stati sottoposti ad un preliminare esame ispettivo esterno, finalizzato alla valutazione delle condizioni di conservazione e delle modalità di preservazione dei corpi. Si è quindi proceduto ad analisi antropologica classica per il rilievo di sesso, età alla morte e statura dei soggetti in esame.
L’esame autoptico dei soggetti completi è stato effettuato mediante approccio posteriore, in modo da preservare le superfici frontali e consentirne la successiva esposizione. Il soggetto frammentato è stato invece sezionato mediante approccio anteriore classico, non sussistendo la necessità di preservare un’integrità fisica già compromessa.
I campioni prelevati da organi e tessuti sono stati reidratati in soluzione di Sandison per una durata variabile da 2 a 13 giorni, fissati in formalina ed inclusi in paraffina al fine di ottenere sezioni istologiche colorate con ematossilina-eosina. Ulteriori sezioni sono state ottenute per le colorazioni istochimiche con le seguenti metodiche: tricromica secondo Masson, impregnazione argentica secondo Gomori, acido periodico di Schiff (PAS), blu di Prussia, van Gieson per fibre elastiche, Grocott, von Kossa, blu di toluidina, ematossilina acida fosfotungstica (PTAH) e Ziehl-Neelsen.
Oltre all’osservazione convenzionale mediante microscopio ottico a luce trasmessa, i preparati sono stati osservati con microscopio a luce polarizzata per ricercare l’eventuale presenza di materiali estranei e calcificazioni e per meglio visualizzare l’arrangiamento dei tessuti connettivi. I preparati colorati con ematossilina-eosina sono stati infine osservati con il microscopio a fluorescenza per evidenziare la disposizione dei tessuti connettivi e valutare la presenza di contaminanti tissutali.
In casi selezionati, sezioni su vetrini a carica elettrostatica positiva sono state sottoposte a colorazione immunoistochimica.
Risultati
I cinque individui mummificati sono stati rinvenuti in ottimo stato di conservazione. Quattro di essi risultavano pressoché completi in tutte le loro parti, mentre il quinto corpo risultava privo del capo, di gran parte degli arti inferiori e diviso in due tronconi. Tutti gli individui esaminati presentavano globalmente ottima conservazione delle superfici cutanee con buona rappresentazione delle strutture muscolo-tendinee e conservazione variabile da ottima a buona degli organi interni.
Il soggetto GVSG 01 è risultato essere una donna di età alla morte compresa tra i 43 ed i 50 anni e dell’altezza di circa 166 cm, caratterizzata da parodontopatia grave ed affetta in vita da episodi pleuropolmonitici esitati in aderenze pleuriche diffuse, diffusa antracosi polmonare ed insufficienza cardiaca congestizia con probabile versamento pericardico e fegato da stasi cronica. La massa repertata in fossa iliaca destra e cavità pelvica appare riferibile a neoplasia ovarica, del tipo cistoadenoma o teratoma, di cui non è possibile stabilire la malignità. I noduli calcifici perivescicali rappresentano con ogni probabilità esiti di processi infiammatori dei linfonodi regionali.
L’individuo GVSG 02 è risultato un uomo di età compresa tra i 50 ed i 55 anni, dell’altezza di circa 163 cm e di costituzione robusta, affetto da artrosi della colonna e dell’anca, parodontopatia diffusa, gozzo tiroideo, ed ipertrofia prostatica. Il quadro patologico è completato da silicoantracosi polmonare, enfisema apicale sinistro, arteriosclerosi aortica e cardiopatia ipertensiva.
Il soggetto GVSG 03 era una donna di età compresa tra i 47 ed i 53 anni, dell’altezza di 176 cm, edentula, in condizioni di salute generalmente buone. Le uniche patologie significative erano l’antracosi polmonare, un complesso primario tubercolare del polmone destro ed un’esostosi osteocartilaginea dell’epifisi distale del femore sinistro.
Il soggetto GVSG 04 è risultato un uomo di età compresa tra i 45 ed i 55 anni, dell’altezza di cm 174, in buone condizioni nutrizionali, affetto da parodontopatia ed ascessi dentari, antracosi polmonare e lieve arteriosclerosi. La presenza di osteofitosi vertebrale dorso-lombare, ossificazione del legamento longitudinale anteriore cervico-dorsale con cifosi e l’ossificazione delle cartilagini laringee indicano la presenza di artropatia cronica, verosimilmente riferibile ad iperostosi scheletrica diffusa idiopatica (DISH). Ulteriori indagini sono necessarie per confermare tale sospetto diagnostico ed escludere l’eventualità di un’osteoartrosi o di una spondiloartropatia.
La sintesi dei reperti del soggetto GVSG 05 depone per un individuo anziano di sesso maschile, dell’altezza di 157 cm, affetto da osteoartrosi lombosacrale e del ginocchio, antracosi polmonare ed aderenze pleuriche, basali riferibili a pregressi episodi di polmonite acuta guarita.
In nessuno degli individui esaminati è stato possibile evidenziare alterazioni riconducibili alle cause del decesso.
Discussione
Tutti i soggetti esaminati appartenevano alla fascia di età adulto-anziana e le metodiche antropologiche hanno consentito di attribuire valori di età alla morte piuttosto precisi, con un’approssimazione compresa tra 5 e 10 anni. La statura degli individui è risultata generalmente elevata, sebbene non siano state effettuate correlazioni con i valori medi di statura della popolazione locale dell’epoca. Le differenze di altezza tra i due sessi sono risultate assai contenute ed in leggero favore del sesso femminile. L’esiguo numero di soggetti non consente valutazioni complete sulla componente razziale; risulta invece possibile affermare che questi individui, caratterizzati da valori staturali discretamente elevati, non hanno sofferto di carenze alimentari, dato confermato dallo stato nutrizionale generalmente buono rilevato all’esame esterno.
Considerata l’assenza di soluzioni di continuo artificiali delle superfici cutanee e di segni radiologici o macroscopici riferibili a manipolazioni esterne, è stato possibile stabilire che trattasi di mummie naturali, la cui conservazione è avvenuta per processi non intenzionali. Le condizioni di conservazione degli kamagra oral jelly lasciano ipotizzare un meccanismo di mummificazione naturale da essiccamento rapido, compatibile con una sepoltura in ambiente freddo ed asciutto, probabilmente ventilato.
L’apparato che più di ogni altro è risultato interessato da alterazioni patologiche è senza ombra di dubbio quello respiratorio. Dalle indagini effettuate è stato possibile identificare direttamente o indirettamente la presenza di antracosi, silico-antracosi, tubercolosi, polmonite e pleurite. Il clima particolarmente rigido del territorio in questione giustifica la necessità di condividere ambienti e spazi limitati e riscaldati tramite combustione, come osservato in numerose altre comunità. La vita in ambienti sovraffollati e l’esposizione a contaminanti ambientali in soggetti con difese immunologiche attenuate dal clima particolarmente freddo devono aver sollecitato notevolmente l’apparato respiratorio che, come è noto, è il più esposto all’influenza dell’ambiente esterno.
La dimostrazione di un gozzo multinodulare antico nella regione dell’Abruzzo interno non è sorprendente, se si considera che la malattia è ancora oggi endemica in quest’area. Sebbene il gozzo sia ben conosciuto sin dall’antichità più remota, solo pochi casi di pertinenza paleopatologica sono stati descritti in letteratura. Il caso osservato rappresenta il secondo rilievo di gozzo su materiale antico.
L’insorgenza di iperplasia prostatica nel soggetto GVSG 02 è in perfetto accordo con l’età dell’individuo e costituisce il secondo caso diagnosticato in una mummia italiana. La rarità di questo tipo di rilievi è certamente dovuta al fatto che la prostata difficilmente resiste alle alterazioni litiche post-mortali.
I vasi arteriosi tendono a conservarsi bene nei soggetti mummificati e possono essere esaminati istologicamente senza grandi difficoltà. La patologia degenerativa delle arterie costituisce un rilievo frequente in numerosi individui appartenenti a culture ed aree geografiche diverse. Nei casi in esame l’invecchiamento e le abitudini alimentari devono aver avuto un ruolo nella patogenesi della malattia, tenuto conto dell’età mediamente avanzata per l’epoca e delle buone condizioni nutrizionali. Le popolazioni antiche, certamente non colpite dagli stress della moderna società tecnologica, ammalavano ugualmente di arteriosclerosi, condizione documentata sin dai tempi più remoti ed ampiamente diffusa.
La condizione patologica scheletrica più frequentemente rilevata è rappresentata dall’artrosi, localizzata nella maggior parte dei casi alla colonna vertebrale e, in alcuni soggetti, all’articolazione dell’anca o del ginocchio. Questa malattia, causata dal sovraccarico funzionale delle articolazioni (stazione eretta, attività fisica pesante), rappresenta una condizione assai frequente anche nelle popolazioni attuali, in cui tende a comparire quasi esclusivamente in individui molto anziani.
La conservazione del fegato nei corpi mummificati costituisce un evento relativamente raro. Il fegato è essenzialmente un organo epiteliale con componente stromale minoritaria; le alterazioni post-mortali cancellano rapidamente i patterns istologici presenti in vita determinando una drastica riduzione del peso dell’organo, senza però alterarne la posizione e la morfologia macroscopica. Dal punto di vista microscopico la componente epiteliale scompare quasi totalmente mentre l’impalcatura fibrosa resta ben riconoscibile. Per tali motivi, in un fegato mummificato risultano potenzialmente riconoscibili solo alterazioni grossolane del sistema portale, quali quelle osservate nella cirrosi. Nelle mummie di Goriano il fegato è stato repertato in tutti gli individui esaminati, sebbene in condizioni di conservazione assai variabili da soggetto a soggetto. La compromissione del dettaglio istoarchitetturale, pur consentendo di escludere alterazioni grossolane (cirrosi, ascessi), non permette di evidenziare allo stato attuale delle conoscenze malattie caratterizzate da alterazioni morfologiche limitate (epatiti croniche).
Per quanto riguarda la patologia neoplastica, è stato possibile identificare entità sicuramente attribuibili a condizioni tumorali in due soggetti. Oltre all’osteocondroma (esostosi osteocartilaginea) del soggetto GVSG 03, l’individuo GVSG 01 presentava una massa addomino-pelvica cribrosa, con ricca componente fibrosa ed assenza di elementi che ne consentissero l’attribuzione ad un organo normale. Pur non potendo, allo stato attuale dello studio, meglio circostanziare la diagnosi, il reperto può essere attribuito con certezza ad una neoplasia ovarica, del tipo cistoadenoma o teratoma.
Per quanto riguarda la patologia dentale, in tutti i soggetti in esame sono state riscontrate usura dentale grave e notevole prevalenza di parodontopatia, ovvero di quella classe di alterazioni che riguarda i tessuti adiacenti al dente (gengiva, osso alveolare, legamento parodontale), a scapito della carie. Tale quadro, tipico della scarsa salute dentale, identifica una classe di popolazione socialmente non elevata, sufficientemente nutrita ma non abituata ad alimenti particolarmente raffinati.
In conclusione, gli individui esaminati appartengono ad una fascia di popolazione di età adulto-anziana, vissuta in una società rurale non elevata dal punto di vista socio-economico. In essi è stato possibile dimostrare la presenza di condizioni morbose comuni per l’epoca e la regione geografica di appartenenza (infezioni polmonari, artrosi, arteriosclerosi), nonché alterazioni patologiche di riscontro occasionale (neoplasie, silicosi). I risultati del presente studio sottolineano ancora una volta la validità dell’approccio multidisciplinare nell’analisi di resti umani antichi di importanza certamente non trascurabile.
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