Sabato 13 ottobre 2007, nel Salone de’ Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze, si è tenuto l’incontro, promosso dalla rivista Archeologia Viva, dal titolo “Francesco I de’ Medici. Discutibile morte di un granduca. Ultime indagini.”
Al di là di una voluta, provocatoria, spettacolarizzazione dell’evento che ha trasformato il dialogo scientifico in una sorta di “processo galileiano” tra chi difendeva la teoria dell’avvelenamento dei due amanti e chi lo metteva in discussione, l’incontro si è rivelato alquanto interessante sia da un punto di vista divulgativo che epistemologico.

Ad aprire la giornata, coordinata dal direttore di Archeologia Viva, Piero Pruneti, Massimo Becattini, scrittore e regista, che ha esposto e sintetizzato la vicenda di Bianca Cappello (1548-1587) e Francesco I (1541-1587). Lei, spregiudicata dama veneziana tardo cinquecentesca, e lui, discendente illustre della famiglia Medicea, uniti in un rapporto dapprima adultero, poi legittimato da un matrimonio (per entrambi di secondo letto), e accomunati da una morte avvenuta a poche ore di distanza nell’ottobre del 1587, tanto discussa da trasformarsi nei secoli in un romanzo.
           
I successivi interventi della dott.sa Cristina Acidini, Soprintendente al Polo Museale Fiorentino, e della dott.ssa Monica Bietti, direttrice del Museo delle Cappelle Medicee, hanno permesso di inquadrare la figura del Granduca da un punto di vista storico-artistico e letterario.

La seconda parte della giornata è stata rivolta all’esposizione dei risultati ottenuti dai “periti” (definizione del dott. Pruneti), ovvero degli studiosi che hanno materialmente analizzato i reperti osteologici appartenenti a Francesco I.
La prof.ssa Donatella Lippi, Docente di Storia della Medicina all’Università di Firenze e autrice del volume “Illacrimate sepolture” (Firenze University Press, 2006) ha perorato la teoria dell’avvelenamento dei due avvenuto attraverso l’assunzione di una dose letale di arsenico; tale ipotesi si fonda, oltre che su di una tradizione letteraria e popolare lunga quattrocento anni, su analisi autoptiche e strumentali condotte su (presunte) formazioni pilifere prelevate dal mascellare di Francesco I, riesumato nel 2004 da dal prof. Fornaciari1 nell’ambito del “Progetto Medici”, e su due frammenti biologici trovati personalmente dalla stessa prof.ssa Lippi all’interno di un sacello pavimentale in S. Maria a Buonistallo2 (nella Tenuta della Villa Medicea di Poggio a Caiano): questi resti, battezzati come frammenti di fegato umani appartenenti a due individui di sesso opposto (si ricordi che il cadavere di Bianca non è mai stato trovato), sono stati attribuiti a Francesco I e Bianca Cappello grazie anche alla presenza, nel sacello, di reperti ceramici e di due crocifissi bronzei ritenuti dalla studiosa tardo-cinquecenteschi.

In un articolo apparso il 28 dicembre 2006 sul prestigioso “British Medical Journal3”  il prof. Francesco Mari, Docente di Tossicologia Forense all’Università di Firenze, sostiene, senza al vero presentare dati controllabili, che l’ipotesi dell’avvelenamento possa essere non solo plausibile, ma anche dimostrabile. Secondo il prof. Mari, l’analisi chimica avrebbe infatti rivelato, in questi resti, la presenza di arsenico in dosi tossiche. Inoltre, il DNA di uno dei due frammenti organici sarebbe risultato compatibile con quello di un frammento di cute con peli di barba ritrovato nella cassetta di zinco moderna dove le ossa di Francesco I erano state rideposte dall’antropologo Gaetano Pieraccini (vd. Nota 1) , dopo lo studio effettuato nei primi anni ’50 dello scorso secolo.

Alla teoria “colpevolista” si sono opposti con decisione il prof. Gino Fornaciari e il prof. Franco Ugo Rollo, Docente di Antropologia all’Università di Camerino.
Il prof. Fornaciari ha dichiarato che nella cassetta di zinco di Francesco I, riesumato nelle Cappelle Medicee, non c’era alcuna traccia di materiali organici, né di cute o di barba, ma solo resti dei tessuti tessili che avvolgevano le ossa, peraltro completamente ripulite, a scopo di studio, dagli antropologi degli anni ’50.
Quindi è da ritenere che il DNA ritrovato, e confrontato con quello dei resti organici della chiesetta di Buonistallo, non sia quello originale di Francesco I, ma sia dovuto ad inquinamento da DNA moderno.
Quanto all’arsenico, era consuetudine comune, dopo l’autopsia, trattare i visceri asportati con composti arsenicali, per favorirne la conservazione.
Anche dal punto di vista clinico l’ipotesi dell’avvelenamento appare poco plausibile. Francesco I e Bianca Cappello furono colpiti da febbre elevata ed intermittente (“febbre terzana”) mentre, come è noto, l’avvelenamento da arsenico è caratterizzato da vomito senza febbre.
Inoltre, l’ossario di Buonistallo, che nei secoli deve avere ospitato centinaia di corpi, non è stato scavato con tecniche archeologiche e i frammenti ceramici non sono stati esaminati da un archeologo post-medievale.
Infine, i due crocefissi di bronzo, pertinenti secondo gli Autori alla coppia granducale, sono certamente di epoca posteriore (del ‘700 o dell’800). 

Il prof. Rollo ha concluso questo simbolico “contraddittorio”, contestando la scientificità dei risultati ottenuti dalla equipe del prof. Mari, che, peraltro, non possono essere controllati perché rimasti volutamente inediti, e sottolineando come le manipolazioni effettuate sui campioni biologici abbiano inevitabilmente inquinato il DNA su cui tali studi sono stati compiuti.
In sostanza, sostiene Rollo, non sono state prodotte pubblicazioni scientifiche, eccezion fatta per il già citato articolo del BMJ (che per alcuni punti resta, lo ripetiamo, fallace), in grado di fornire elementi probatori sufficienti a scalzare ogni ragionevole dubbio.

A chiudere la giornata, è stato citato da Monica Bietti, un bell’aforisma che ogni studioso dovrebbe tener a mente: “Non forziamo i documenti perché ci dicano quello che vogliamo sentirci dire.”

 

Scarica la presentazione dell’intervento del prof Fornaciari.

Figura 1. Ritratto di bianca Cappello

 

 

Figura 2. Ritratto di Francesco I

 

 

Figura 3. La Villa Medicea di Poggio a Caiano

 

 

Figura 5. La chiesa di San Lorenzo e le Cappelle Medicee a Firenze.


Note:

  1. I resti scheletrici indagati dalla equipe della Divisione di Paleopatologia erano conservati nelle Cappelle Medicee in una cassetta di zinco, in cui erano stati posti dagli antropologi che, guidati dal Gaetano Pieraccini, avevano aperto gli originali sarcofagi a metà del Novecento.
  2. La tradizione vuole che le viscere dei due amanti (e non le ossa, vd. Nota 1) siano state traslate nella chiesa di Buonistallo, evidentemente dopo l’autopsia effettuata dal medico di corte.
  3. L’articolo, in lingua inglese, è consultabile a questo indirizzo.

 

Di seguito riportiamo i principali "lanci di agenzia" prodotti dalla stampa nei giorni successivi all’incontro.

STORIA: NON FU UN OMICIDIO, FRANCESCO I DE’ MEDICI MORÌ DI MALARIA. PROFESSORE UNIVERSITÀ DI PISA RIAPRE GIALLO DOPO OLTRE 4 SECOLI
       Firenze, 13 ott. – (Adnkronos) – Non fu avvelenato con l’ arsenico. Il granduca di Toscana Francesco I dè Medici(1541-1587) e sua moglie Bianca Cappello (sposata in seconde nozze dopo Giovanna d’ Austria) non morirono avvelenati per volere del cardinale Ferdinando dè Medici, che così avrebbe potuto aspirare al trono del Granducato di Toscana, ma molto più semplicemente spirarono per colpa della malaria. Dopo oltre quattro secoli si riapre uno dei più appassionanti e intricati gialli della dinastia dei Medici, il casato che fece grande la Firenze del Rinascimento.
Lo scontro tra i sostenitori dell’ ipotesi dell’ omicidio e tra quelli della morte per malaria si è consumato oggi a Firenze, durante il convegno organizzato da ‘ Archeologia Viva dal titolo «Francesco I dè Medici – Discutibile morte di un granduca», che si è tenuto a Palazzo Vecchio. La storica della medicina Donatella Lippi e il
tossicologo forense Francesco Mari, entrambi professori dell’ Università di Firenze, hanno sostenuto la tesi dell’ omicidio alla luce di recenti indagini su resti anatomici attribuiti a Francesco I ritrovati nella chiesa di Santa Maria a Bonistallo, vicino alla villa di Poggio a Caiano (Prato), dove si sa che furono sepolti i visceri del granduca e di Bianca Cappella al termine dell’ autopsia effettuata subito dopo il decesso.
Di parere diverso è, allo stato delle prove, il paleopatologo Gino Fornaciari, professore dell’ Università di Pisa, che ha contestato le conclusioni delle ricerche scientifiche svolte a Bonistallo e delle analisi sul Dna effettuate su altri presunti resti di Francesco I recuperati dalla salma tumulata nella basilica di San Lorenzo a Firenze. Fornaciari ha ricordato che la teoria dell’ avvelenamento è sempre stata la più suggestiva, ma forse non
corrisponde alla verità dei fatti: Francesco I e Bianca Cappello morirono davvero di malattia, probabilmente di malaria, una versione che da fin quasi subito non fu però accettata perchè troppo semplice per un granduca politicamente scomodo e bizzoso.
I documenti storici raccontano che Francesco I dè Medici era di salute cagionevole e si ammalava spesso, anche se solo nel 1578-79 le sue condizioni dettero serie preoccupazioni a seguito di un’ affezione bronchiale. Anche Bianca Cappello era disturbata da vari malanni e decisamente appesantita; negli ultimi mesi soffriva anche di idropisia. Circa a metà settembre 1587 il Granduca e la Granduchessa si spostarono nella villa di Poggio a Caiano, dove il 25 dello stesso mese li raggiunse il cardinale Ferdinando, fratello di Francesco, che intendeva riappacificarsi dopo violenti dissapori.
       Il 6 ottobre, al termine di una caccia, il granduca accusò un primo malessere, che si aggravò il giorno successivo; si palesarono quindi una forte febbre ricorrente, violenti dolori addominali e vomito, che divennero sempre più devastanti. Anche Bianca Cappello si ammalò di «febbri continue remittenti». Dopo un alternarsi di lievi miglioramenti e acuti peggioramenti nell’ arco di undici giorni, il 19 ottobre 1587 Francesco I morì, mentre Bianca gli sopravvisse solo di poche ore. Circolò subito l’ipotesi di un avvelenamento, alimentata
dalla presenza nella stessa villa di Poggio a Caiano del cardinale Ferdinando, sui cui pesava il movente dei profondi attriti familiari e dell’ interesse a succedere al fratello nella guida del Granducato di Toscana. Per stornare da sè ogni sospetto, Ferdinando ordinò l’ autopsia dei due cadaveri. La diagnosi fu «febbre terzana doppia
intermittente e senza verun indizio di veleno». (Sin-Pam/Pn/Adnkronos)

 FERDINANDO DÈ MEDICI NON UCCISE FRANCESCO I, NUOVO STUDIO
    (ANSA) – FIRENZE, 13 OTT – Il Cardinale Ferdinando dè Medici non uccise il fratello Francesco I, Granduca di Toscana e la consorte Bianca Cappello nell’ ottobre del 1587 e non lo uccise con l’ arsenico. Questa la tesi di contrasto portata a confronto questa mattina in Palazzo Vecchio a Firenze in una conferenza organizzata dalla rivista Archeologia Viva edita da Giunti Francesco I dè Medici. “Discutibile morte di un granduca. Ultime indagini.”
Il paleopatologo Gino Fornaciari, docente all’ Università di Pisa ha contestato le tesi e le novità sulla ricerca dei
reperti e degli esami scientifici effettuati negli ultimi anni dalla storica della medicina Donatella Lippi e dal tossicologo forense Francesco Mari, dell’ Università di Firenze. Ulteriori anticipazioni sullo stato delle ricerche documentali, per ulteriori conferme di appartenenza di reperti alle salme di Francesi I e di Bianca Cappello, sono state esposte dal giornalista e scrittore Marco Ferri, grande appassionato e ricercatore sulla intera dinastia dei Medici. Questa vicenda è tutt’ ora una delle vicende più oscure del Rinascimento, le nuove tecnologie danno la possibilità di approfondire le ricerche, ma come in tutti i contraddittori le opinioni sono divergenti, anche di fronte ad una affascinante storia sulla famiglia che ha contribuito in maniera determinante a fare grande Firenze. (ANSA). COM-CH/DLM

FRANCESCO I E BIANCA UCCISI DA VELENO, SCONTRO SU STUDIO     (ANSA) – FIRENZE, 13 OTT – Durante l’ incontro organizzato stamattina da Archeologia Viva, relativo alla dibattuta morte del Granduca Francesco I e della sua seconda moglie, Bianca Cappello, «il paleopatologo di Pisa, Gino Fornaciari, ha
contrastato l’ interpretazione data dal tossicologo forense dell’ Università di Firenze, Francesco Mari. Secondo
quest’ ultimo, infatti, la quantità di arsenico individuata nel frammento di tessuto epatico rinvenuto nel sacello della Chiesa di Bonistallo dalla storica della medicina Donatella Lippi, dell’ Università di Firenze, confermerebbe la morte per veleno». Lo afferma la stessa Donatella Lippi in una nota. «Nessun’ altra evidenza ha finora smentito questo dato scientifico che è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista British Medical Journal (The mysterious death of Francesco I dè Medici and Bianca Cappello: an arsenic murder? Francesco Mari, Aldo Polettini, Donatella Lippi, and Elisabetta Bertol British Medical Journal. 2006;333:1299-1301) – si legge ancora nella nota -. A ciò si aggiungono altri elementi diagnostici, riportati dai documenti, che sono stati evidenziati da Donatella
Lippi: la grande sete, l’ arsura delle viscere, i terribili dolori addominali, il vomito dall’ odore particolarmente acre e
con tracce di sangue». L’ autopsia rivelò il fegato duro al taglio, i polmoni corrotti, lo stomaco sottile e infiammato, ma non vi fu nessun accenno all’ ingrossamento della milza, tipico della malaria. «La risposta definitiva – conclude la nota – si potrà avere solo quando verrà individuato con certezza il corpo di Bianca Cappello». La soluzione, a detta dei due docenti fiorentini, «è vicina». (ANSA).

STORIA: FRANCESCO I DÈ MEDICI NON FU ASSASSINATO, MORÌ DI MALARIA. PALEOPATOLOGO CONTRO IPOTESI AVVELENAMENTO CON ARSENICO
       Firenze, 15 ott. – (Adnkronos) – Il granduca di Toscana
Francesco I dè Medici(1541-1587) e sua moglie Bianca Cappello (sposata in seconde nozze dopo Giovanna d’ Austria) non morirono avvelenati dal cardinale Ferdinando dè Medici, che così avrebbe potuto aspirare al trono del Granducato di Toscana, ma molto più semplicemente spirarono per colpa della malaria. Dopo oltre quattro secoli si riapre uno dei più appassionanti e intricati gialli della dinastia dei Medici, il casato che fece grande la Firenze del
Rinascimento. Lo scontro tra i sostenitori dell’ ipotesi dell’ omicidio e tra quelli della morte per malaria si è consumato a Firenze, durante il convegno organizzato da «Archeologia Viva» dal titolo «Francesco I dè Medici – Discutibile morte di un granduca», che si è tenuto a Palazzo Vecchio.
La storica della medicina Donatella Lippi e il tossicologo forense Francesco Mari, entrambi professori dell’ Università di Firenze, hanno sostenuto la tesi dell’ omicidio alla luce di recenti indagini su resti anatomici attribuiti a Francesco I ritrovati nella chiesa di Santa Maria a Bonistallo, vicino alla villa di Poggio a Caiano (Prato), dove si sa che furono sepolti i visceri del granduca e di Bianca Cappella al termine dell’ autopsia effettuata subito dopo il
decesso. Di parere diverso è, allo stato delle prove, il paleopatologo Gino Fornaciari, professore dell’ Università di Pisa, che ha contestato le conclusioni delle ricerche scientifiche svolte a Bonistallo e delle analisi sul Dna effettuate su altri presunti resti di Francesco I recuperati dalla salma tumulata nella basilica di San Lorenzo a Firenze.
Fornaciari ha ricordato che la teoria dell’ avvelenamento è sempre stata la più suggestiva, ma forse non corrisponde alla verità dei fatti: Francesco I e Bianca Cappello morirono davvero di malattia, probabilmente di malaria, una versione che da fin quasi subito non fu però accettata perchè troppo semplice per un granduca politicamente scomodo e bizzoso.
Il tossicologo forense dell’ Università di Firenze Francesco Mari ha invece ribadito che la quantità di arsenico
individuata nel frammento di tessuto epatico rinvenuto nel sacello della Chiesa di Bonistallo dalla storica della medicina Donatella Lippi, dell’ Università di Firenze, conferma la morte per veleno. Nessun altra evidenza ha finora smentito questo dato scientifico, che è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista «British Medical
Journal» nel 2006.
A ciò si aggiungono altri elementi diagnostici, riportati dai documenti, che sono stati evidenziati da Donatella Lippi: la grande sete, l’ arsura delle viscere, i terribili dolori addominali, il vomito dall’ odore particolarmente acre e con tracce di sangue. L’ autopsia rivelò il fegato duro al taglio, i polmoni corrotti, lo stomaco sottile e infiammato, ma non vi fu nessun accenno all’ ingrossamento della milza, tipico della malaria. La risposta definitiva al giallo
storico si potrà avere solo quando verrà individuato con certezza il corpo di Bianca Cappello: la prova del nove, a detta dei due docenti fiorentini Lippi e Mari, è comunque vicina.
I documenti storici raccontano che Francesco I dè Medici era di salute cagionevole e si ammalava spesso, anche se solo nel 1578-79 le sue condizioni dettero serie preoccupazioni a seguito di un’ affezione bronchiale. Anche Bianca Cappello era disturbata da vari malanni e decisamente appesantita; negli ultimi mesi soffriva anche di
idropisia. Circa a metà settembre 1587 il Granduca e la Granduchessa si spostarono nella villa di Poggio a Caiano, dove il 25 dello stesso mese li raggiunse il cardinale Ferdinando, fratello di Francesco, che intendeva riappacificarsi dopo violenti dissapori. Il 6 ottobre, al termine di una caccia, il granduca accusò un primo malessere, che si aggravò il giorno successivo; si palesarono quindi una forte febbre ricorrente, violenti dolori addominali e vomito, che divennero sempre più devastanti. Anche Bianca Cappello si ammalò di «febbri continue remittenti».
Dopo un alternarsi di lievi miglioramenti e acuti peggioramenti nell’ arco di undici giorni, il 19 ottobre 1587 Francesco I morì, mentre Bianca gli sopravvisse solo di poche ore. Circolò subito l’ipotesi di un avvelenamento, alimentata dalla presenza nella stessa villa di Poggio a Caiano del cardinale Ferdinando, sui cui pesava il
movente dei profondi attriti familiari e dell’ interesse a succedere al fratello nella guida del Granducato di Toscana.
Per stornare da sè ogni sospetto, Ferdinando ordinò l’ autopsia dei due cadaveri. La diagnosi fu «febbre terzana doppia intermittente e senza verun indizio di veleno».     (Sin-Pam/Col/Adnkronos)