Risultati immunologici preliminari

Nel corso dello scavo archeologico condotto sotto la direzione del Prof. Marco Milanese nel cortile dell’ex Collegio Gesuitico del quartiere San Michele in Alghero, sono state riportate alla luce, dal giugno 2008 (data di inizio dello scavo d’emergenza), i resti scheletrici di 400 individui deceduti verosimilmente di peste durante l’ondata epidemica che colpì la città tra il 1582 ed il 1583.

La trincea sepolcrale nella sua interezza
La trincea sepolcrale dello Quarter
Le US 2274, 2275 e 2276
Gli scheletri di una padre, una madre e un figlio
Particolare della trincea sepolcrale

Questo ritrovamento riveste un carattere del tutto eccezionale. Sono state rinvenute 16 sepolture colletive “a trincea”, ovvero a fossa lunga (5-6m) e stretta, ciascuna contenente i resti composti di 10-15 individui in media (un massimo di 30 individui è stato registrato nella trincea n°10), deceduti contemporaneamente o a breve distanza di tempo da consentirne comunque il seppellimento simultaneo.
Oltre alle trincee, alla stessa fase sepolcrale determinata dalla violenta epidemia, appartengono anche 10 sepolture multiple di forma rettangolare, con numero medio di 6 inumati, che a loro volta intersecano, tagliandola, una fase sepolcrale con tombe a fossa singola, probabile testimonianza di un utilizzo del cimitero in un momento non interessato da eventi epidemici (Milanese, 2009).
Per le sue caratteristiche e dimensioni, la situazione cimiteriale evidenziata nel ritrovamento dello scavo di Alghero è un caso unico che non ha confronti in Sardegna né nel resto della Penisola. Il caso di Alghero risulta essere, ad oggi, un caso unico su tutto il territorio nazionale comparabile solo a quello del cimitero di appestati di Martigues (sud-est della Francia, 1720-1721 AD) di epoca ben più tarda.
La peste, al pari di altre malattie epidemiche, non produce lesioni specifiche a livello osseo poichè  il suo decorso è molto rapido e sovente mortale. Tuttavia, la messa a punto di nuove tecniche diagnostiche permette, oggigiorno, di giungere all’identificazione di tracce biologiche (proteine, DNA) del bacillo nei resti umani antichi e di formulare una diagnosi retrospettiva.

Al tal fine, sono stati testati dei campioni ossei prelevati da quattro individui esumati da  quattro distinte trincee identificate durante la campagna di scavo. Sono stati analizzati anche dei campioni di suolo provenienti dalle 4 trincee.
L’analisi è stata effettuata utilizzando Il Test per la Diagnosi Rapida della peste (RDT), un test immunocromatografico messo a punto e validato dagli Istituti Pasteur del Madagascar e di Parigi. Questo test riconosce la glicoproteina capsulare immunogenica F1 specifica di Y. pestis.
Ciascun campione è stato pulito a secco, con una piccola spazzola monouso, per eliminare I residui di terra.
L’asportazione della corticale ossea è stata eseguita utilizzando un trapano KAVO INTRAMATIC LUX2 montato su un micromotore che ruota a 9.000 rpm. Il prelievo della midollare ossea è stato eseguito manualmente.
Per ogni campione testato, è stato prelevato 1 grammo di spugnosa ossea che è stato polverizzato manualmente in un recipiente di ceramica mediante un picoolo pestello.
Duecento mg di spugnosa ossea (200 mg) sono stati ricostituiti in 600 mg di soluzione salina sterile, vortexati e sottoposti a tre cicli di lisi successivi tramite congelamento in azoto liquido (60 sec) e scongelamento in acqua bollente (60 sec).
Le sospensioni sono state incubate per 24 ore a 4°C e e centrifugate per 15 minuti a 5.000 rpm, a temperatura ambiente.
Duecento microlitri di surnatante sono stati utilizzati per l’esecuzione del test immunologico. La lettura dei risultati è stata effettuata dopo 15 minuti. I test sono stati ripetuti tre volte al fine di garantire la riproducibilità del risultato ottenuto.
Ricerche precedenti hanno dimostrato che Il valore soglia del test (0.5 ng/ml) è diagnostico per il riconoscimento di Yersinia pestis nei resti umani antichi. I prinicipi del test e la tecnica di semi-quantificazione del risultato sono descritti in letteratura (Bianucci et al., 2007, 2008, 2009a, b; Kacki et al. sumitted).
L’antigene F1 di Yersinia pestis è stato identificato nel 100% dei campioni testati (4/4) con concentrazioni comprese tra 2.5 ng/ml e 0.625 ng/ml.  Il dettaglio dei risultati ottenuti è riportato in Tabella 1.

La trincea sepolcrale nella sua interezza
Test immunocromatografico su 4 individui appestati di Alghero. Si può apprezzare la banda positiva al test, di colore rosso lieve posta in basso (nella prima e nel terza striscia si intravede appena) dopo quella rossa ben colorata

 Tabella 1- In Tabella 1 sono indicati: il codice del campione analizato, il risultato del Test per la Diagnosi Rapida della peste (RDT) applicato sulla spugnosa ossea e le rsipettive concentrazioni di antigene F1 di Yersinia pestis (espresse in ng/ml).

Codice campione

Osso utlizzato

RDT peste

[AgF1]

AHOLQ’09
Trincea 3 US 2202

Vertebra toracica

positivo

>2.5-1.25 ng/ml

AHOLQ’09
Trincea 7 US2285

Vertebra toracica

positivo

>1.25 ng/ml

AHOLQ’09
Trincea 10 US2523

Vertebra lombare

positivo

0.625 ng/ml

AHOLQ’09
Trincea 13 US5123

Vetebra cervicale
+ toracica

positivo

0.625 ng/ml

I campioni di suolo provenienti dalle 4 trincee sono risultati negativi all’identificazione dell’AgF1 escludendo la possibilità di cross-reazioni con batteri del suolo.
Si conferma, pertanto, che i quattro individui analizzati erano affetti dall’infezione da Y. pestis al momento del loro decesso.


Bibliografia

  • Bianucci R., Rahalison L., Ferroglio E., Rabino Massa E., Signoli M. (2007). “Détection de l’antigène F1 de la peste à l’aide d’un Test de Diagnostic Rapide”. C.R. Biologies, Vol 330, Issue 10: 747-754.
  • Bianucci R., Rahalison L., Rabino Massa E., Peluso A., Ferroglio E., Signoli M. (2008). “Plague Detection in Ancient Human Remains : An Example of Interaction between Archaeological and Biological Approaches (south-eastern France, 16th, 17th and 18th centuries)”. American Journal of Physical Anthropology, Vol. 136(3): 361-367.
  • Bianucci R., Rahalison L., Peluso A., Rabino Massa E., Ferroglio E., Signoli M., Langlois, J.-V., Gallien. V., (2009). “Plague immunodetection in remains of religious exhumed from burial sites in central France”. Journal of Archeological Science, 36: 616-621.
  • Bianucci R., Rahalison L., Rabino Massa E., Signoli M. (2009). “Une nouvelle méthode d’identification du bacille de la peste dans les restes humains anciens”. Vers une anthropologie des catastrophes, Actes des 9è Journées d’Anthropoologie de Valbonne, sous la diréction de Luc Buchet, Catherine Rigeade, Isabelle Séguy et Michel Signoli- Editions APDCA, Antibes, pp. 503-515.
  • Sacha K., Rahalison L., Rajerison M., Ferroglio E., Bianucci R. (submitted). “Identification of seven Black Death victims from the rural cemetery of Saint-Laurent-de-la Cabrerisse (south-eastern France, 14 th century)”. Journal of Archeological Science.